giovedì 22 settembre 2016

Independence Day - Rigenerazione

Roland Emmerich

Roland Emmerich è un regista assai diseguale, che ci ha dato opere passabilmente buone e altre francamente brutte. Independence Day – Rigenerazione appartiene al novero delle buone – anche se non è bello come il film originario di cui è il sequel.
Il primo Independence Day (1996) fu una specie di grido nella notte, stranamente profetico. Come fu subito notato (anche polemicamente), era una critica esplicita e sarcastica al buonismo spielberghiano. Basta ricordare due battute di Will Smith: “Sono solo un tantino ansioso di andare lassù a spaccare il culo a E.T.” e (dopo il cazzotto all'invasore alieno) “Questo è quello che chiamo incontro ravvicinato”. Come in X-Files, la verità è là fuori, ma soprattutto c'è qualcuno là fuori che non è particolarmente amichevole. Il film comincia sulla Luna, dove la targa messa nel 1969 e piena di ottimismo viene coperta dall'ombra minacciosa dell'astronave aliena.
Semplice buon senso, diremmo oggi, ma riportiamoci al 1996: era l'epoca dopo il crollo dell'Unione Sovietica quando Francis Fukuyama aveva teorizzato la “fine della storia”. Il mondo sembrava avviato alla pacificazione, e le sue contraddizioni destinate a risolversi nella marcia del progresso (e del libero mercato). Pochi anni dopo, l'11 settembre 2001 suonò un brusco risveglio.
E si vide che Independence Day non era una fantasia scollegata dalla realtà (e reazionaria, aggiungevano i più ideologizzati). Certo, c'erano i musulmani jihadisti e non i marziani; ma che ci fosse il nemico fuori dalle porte, lo aveva visto con esattezza chirurgica (per la cronaca, un altro film che accennava allo stesso concetto – sebbene in modo più laterale ai fini della trama – fu True Lies di James Cameron). Adesso che di tutte quelle illusioni è rimasta terra bruciata (o ground zero), cosa può dirci che già non sappiamo un sequel di Independence Day? A parte ovviamente il divertimento immediato?
Infatti in Independence Day – Rigenerazione, ambientato esattamente vent'anni dopo, c'è un indebolimento della risonanza metaforica. Ma ciò anche perché, mentre il punto di riferimento del primo film era il mondo reale, quello del secondo è il film originario: com'è giusto, visto che la tentata invasione aliena del primo film ha instaurato una timeline alternativa che col nostro mondo attuale non ha rapporti. Ovvero, là andava a pezzi il “vero” 1996, qui ci troviamo in un 2016 del tutto svincolato dalla realtà attuale. Sono vent'anni che non ci sono guerre e l'umanità vive relativamente in pace. Evidentemente per gli uomini – questa sanguinaria razza di scimmie! – solo l'esistenza di un nemico in agguato può rappresentare un motivo per smettere di combattersi. E personalmente sono convinto che gli sceneggiatori, Roland Emmerich, Dean Devlin e altri tre, siano ancora troppo ottimisti.
Su questa timeline alternativa piomba il colpo di maglio di un nuovo attacco, rinforzato, degli extraterrestri. C'è il tentativo di Emmerich di giocare sul potenziamento della grandezza (che già era una carta vincente del primo film). Se nel film originario l'astronave madre era gigantesca, in questo ha 3000 miglia di diametro – ispirando la battuta più memorabile del film. Va subito detto però che Independence Day – Rigenerazione non è capace di mantenersi su questa inconcepibile scala di grandezza, e la descrizione della lotta torna a dimensioni più contenute. Comunque, grandi abbastanza per devastarci. L'immagine della nave aliena che “ara” la città come fosse un campo non si lascia dimenticare. La CGI assume il suo ruolo più ovvio, potenziare fino all'inimmaginabile “l'immagine del disastro” – e lo fa indubbiamente bene.
In contrapposizione al revisionismo di molto cinema commerciale contemporaneo (per cui sequel = remake = reboot), Independence Day – Rigenerazione attinge pienamente alla riserva narrativa e retorico-morale del film originario; risentiamo anche il grande discorso “churchilliano” del presidente Whitmore. Però con l'introduzione della sfera bianca entra nell'universo diegetico di Independence Day il concetto di una guerra galattica e di un “pianeta della resistenza” popolato di rifugiati. Questo concetto lucasiano (ma la presenza di George Lucas è visibile in tutta la saga) permette di ipotizzare una via di fuga a quella che altrimenti sarebbe una coazione a ripetere nel caso di ulteriori sequel (altrimenti, quanto dovrebbe essere grande la prossima astronave?).
Siccome è il 4 luglio 2016, e gli extraterrestri tornano a rompere mentre si festeggia il ventennale di quello del primo film, Independence Day – Rigenerazione deve fare i conti col film precedente anche in termini di personaggi, giacché – secondo la buona regola dei film di catastrofi – quel film saltava su una pluralità di linee narrative (alla fine convergenti). Il sequel fa una scelta logica, eppure coraggiosa: richiama in servizio con identico ruolo di co-protagonisti tutti i personaggi di vent'anni prima. Fa eccezione Will Smith, per la cui mancanza all'appello la sceneggiatura inventa che il personaggio è morto in un incidente di collaudo in passato; è presente solo in un paio di foto, nonché nella persona del figlio, o più precisamente figliastro, che abbiamo visto bambino nel primo film (i figli sono peraltro il modo per introdurre attori giovani nell'insieme). Ci si chiede, per inciso, se non sia la morte diegetica di Will Smith a propiziare la morte, nel presente film, della sua vedova; perché se fosse stato vivo probabilmente gli sceneggiatori gliel'avrebbero fatta riabbracciare sana e salva alla fine; basta vedere 2012 per capire che per Emmerich le catastrofi planetarie servono a far ritrovare le coppie.
Così la caratterizzazione dei personaggi trova una sfumatura di profondità assumendo nella propria definizione la percezione automaticamente drammatica (vedi in particolare l'ex presidente Whitmore, Bill Pullman) del tempo che passa. Viene anche elaborata una nuova importanza per un personaggio secondario del primo film, lo scienziato picchiatello interpretato da Brent Spiner. Independence Day – Rigenerazione è una vera e propria rimpatriata, e questo non è l'ultimo dei suoi motivi di attrazione, magari artisticamente modesti - ma sicuri.

 


Nessun commento: