domenica 4 dicembre 2016

Hey, Oishi

Kikuzawa Masanori

Ha senso parlare di un cortometraggio che (quasi) sicuramente i lettori di questo blog non vedranno mai? Beh: potrebbe averlo se pensiamo che può suggerire un nome, un autore; del resto, in questa sede ho pubblicato una panoramica sui film orientali visti al Tokyo International Film Festival 2016, e quanti di questi saranno visibili da noi? Beninteso, Hey, Oishi di Kikuzawa Masanori non è stato presentato al TIFF: è un cortometraggio (quasi un mediometraggio: 26') che è stato selezionato per il Pia Film Festival. Un cortometraggio totalmente d'avanguardia, che rientra nella categoria arthouse (ovvero, d'essai) – non privo di difetti, ma impressivo, con una sua forza poetica, che si imprime nella memoria con l'assolutezza del suo senso di smarrimento, solitudine e rimpianto.
Sull'inizio risuonano slogan pacifisti di protesta sul proposto cambiamento della costituzione giapponese. Arriva in bici Masanori, si sporge dal ponte e chiama Oishi, che sta lì sotto sulla riva del fiume. I due discutono prima sulle proteste, in tono vagamente beckettiani, ma l'argomento su cui si spostano ben presto è il rimpianto delle madri, entrambi morte, che assume toni strazianti nel racconto (dove si introduce la preoccupazione di Dostoevskij: se Dio non c'è, tutto è lecito); nella “visita guidata” alla casa demolita, forse immaginata, ora un campo; e soprattutto in una sorta di evocazione simbolica (un drama, dicono): “Madre, madre, dove sei? … Alla veglia le tue guance erano così fredde” - mentre l'altro gira intorno mimando una figura di madre che non è vista né sentita; e poi si scambiano le parti.
Nella notte questo confronto di anime disperate diventa un colloquio “parlandosi” con un alfabeto di lampade agitate nel buio (il film lo rende in didascalia). Oishi dice “Andrò dritto lungo il fiume, ci dovrebbe essere un'altra casa per me”, e che sua madre potrebbe essere ancora viva. Scompare. Il giorno dopo, Masanori arriva in bici e non c'è nessuno. La sera, nuovi messaggi di luce all'assente Oishi. Masanori opina che forse è andato a casa di sua madre a salutarla. Lo sentiamo gridare ancora, inutilmente, “Hey, Oishi!” - poi gli slogan contro la guerra soverchiano crescendo la sua voce. 
 

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